Autore: Gabriel García Márquez
Anno: 1967
Ci sarebbero infinite tematiche da estrarre da questo capolavoro di Màrquez. Da José Arcadio ad Aureliano, la famiglia Buendìa segue, nel succedersi dei suoi eredi, un destino ineluttabile: quello dell’essere condannati a girare in circolo per l’eternità, in un processo ciclico la cui la sola via d’uscita sembra essere la morte. I personaggi appartenenti alle sette generazioni, pur essendo incredibilmente diversi e animati da varie sfaccettature, restano incapaci di sconfiggere il destino che li unisce.
“Il primo della stirpe è legato ad un albero e l’ultimo se lo stanno mangiando le formiche.”
Màrquez è un maestro nel rendere ogni scena vera, senza aggiungere distrazioni o deviazioni dal fulcro, quasi ad “inquadrare” il protagonista nell’atto. Vi salterà subito all’occhio che ogni descrizione è impeccabile e che, anche con poche parole, lo scrittore riesce a farvi vedere.
La precisa descrizione dei fatti va a braccetto con la realtà, anzi, sono strettamente collegate…il più delle volte. Infatti, nel mezzo di lunghi e svariati avvenimenti reali, ci sarà spazio per alcuni elementi di soprannaturale, come ad esempio il vedere che il confine tra il mondo dei morti e quello dei vivi si assottiglia.
Sicuramente il tema dei nomi ripetitivi vi catturerà l’attenzione, ma anche questo è studiato con precisione, dato che ad ogni nome corrisponde una particolare caratteristica:
Nella lunga storia della famiglia, la tenace ripetizione dei nomi le aveva permesso di trarre conclusioni che le sembravano indiscutibili. Mentre gli Aureliani erano schivi, ma dalla mente lucida, i Josè Arcadio erano impulsivi e intraprendenti, ma segnati da un marchio tragico. Gli unici casi di classificazione impossibile erano quelli di Josè Arcadio Segundo e Aureliano Segundo. Erano stati così simili e birichini durante l’infanzia che nemmeno Santa Sofìa de la Piedad riusciva a distinguerli.

Qui trovate l’albero genealogico da tenere vicino, buona lettura!


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